Te confieso que leyendo tu correo se me ha encogido el corazón. Recuerdo perfectamente ese momento de diagnostico…
La dificultad de hacer frente a los problemas prácticos y emocionales, no solo para lxs que vivimos la enfermedad, sino también para lxs que estáis apoyando en estas circunstancias. Dicho esto, tener EM no es una condena de muerte y discapacidad y esto hay que recordarlo siempre, ya que todavía es una enfermedad muy desconocida y estigmatizada por el grande público.
Yo, en el 2018, estaba en silla de ruedas pero ahora no; tengo dificultades a andar y, cuando lo hago, me canso mucho pero soy autónoma e independiente. A la vez, he tenido que cambiar mi vida: la social, la laboral y mis prioridades; esto no es fácil y es un camino largo y complejo pero también enriquecedor y a mí personalmente me ha hecho mejor ser humanx. Hay muchas formas de vivir la enfermedad y el desafío es encontrar la que más se amolde a tu forma de ser. Esto sí, la Esclerosis Múltiple me ha enseñado a pedir ayuda y a poner sanos límites con lxs demás, cosa que siempre me había costado hacer. Por mucho tiempo rechacé tener contactos con otras personas que tenían la enfermedad por miedo a que esto me condicionara y, sin embargo, cuando acabé en silla de ruedas, lo que me salvó fue ese contacto y hacer rehabilitación todxs juntxs. Por esto, siempre aconsejo tanto solicitar rehabilitación con el neurólogo cuanto entrar en contacto con las fundaciones de EM que haya a nivel local, son un gran recurso y no solo en los momentos de dificultad. Dicho esto, sé que ahora te gustaría pensar que tu le puedes aliviar este momento a tu compañerx, que incluso le puedes solucionar ciertos asuntos pero no es así. Por cuanto duro sea, es la persona que tiene EM la que tiene la responsabilidad de su propia vida, aunque en este momento no esté bien de salud, y tiene que ser ella a dar los pasos que quiera dar. Yo recuerdo que una amiga, por ejemplo, me quería llevar a la Fundación EM aquí en Barcelona nada más recibir el diagnostico y sin embargo yo lo hice 5-6 años después, pero ese era mi momento y no lo pude hacer antes; para llegar hasta allí tuve que dar muchos pasos y a veces quién vive la enfermedad desde fuera no se da cuenta. Te digo esto porque, si unx cree que puede salvar al otro, corre el riesgo de sentirse tan presionadx y agobiadx que acaba yéndose. A mí me ha pasado con parejas y amigxs. Lxs que acompañan solo pueden estar, pueden ayudar cuando quien tiene la enfermedad pide ayuda, pero la solución solo depende de unx, el camino solo lo puede recorrer la persona directamente afectada. Y es un mundo para recorrer: el farmacológico y de los médicos, él de las terapias alternativas y de la alimentación, el de las emociones…Un mundo que también cambia y crece muy rápido. Cuando yo me enfermé (hace 12 años) no habían todos los tratamientos que hay ahora, por ejemplo. No te sientas culpable por querer hacer tu vida, tu ausencia solo provocará que la persona que acompañas tendrá que buscar otras soluciones. Yo, a lo largo de este camino, he estado sola a veces, muy bien acompañada otras y en otras tantas he estado acompañada pero hubiese sido mejor estar sola. He prescindido de personas que no eran capaces de acompañarme y he encontrado a otras mucho más acordes a mi nuevo ser y necesidades. En todo caso, siempre he encontrado una forma, una solución: a veces me he planteado volver a mi país y, sin embargo, nunca he querido hacerlo; siempre he logrado apañarme, soy una persona muy independiente y mi vida está en Barcelona, por el momento. Y es abrumador, pero uno aprende a vivir con la incertidumbre del futuro y a dejar de querer controlar su vida porque en esta enfermedad no controlas nada. Y te digo más, nadie en la vida controla nada, ésta solo es una ilusión que la enfermedad finalmente desvela. En fin, es un momento duro, lo sé, pero ahora no queda otra que hacer este duelo; quien acompaña puede apoyar en esto sin necesidad de solucionar nada, ni salvar a nadie, a veces unx solo necesita poder echarse en la cama y quedarse en la nada sabiendo que hay alguien en la otra habitación que te acepta en el estado que estés. Ánimos, ahora es difícil de apreciar pero no estáis solxs.
Te mando un fuerte abrazo.
Italiano
A chi ci accompagna
Confesso che la lettura della tua e-mail mi ha stretto il cuore. Ricordo perfettamente il momento della diagnosi …
La difficoltà di affrontare i nuovi problemi, pratici ed emotivi, non solo per quelli di noi che vivono la malattia, ma anche per coloro che ci supportano in queste circostanze. Detto questo, avere la SM non è una condanna a morte o a una disabilità e questo deve essere sempre ricordato, dal momento che è ancora una malattia molto sconosciuta e stigmatizzata dal grande pubblico.
Io ero in sedia a rotelle nel 2018 ma ora no; ho ancora difficoltà a camminare e quando lo faccio mi stanco molto ma sono autonoma e indipendente. Allo stesso tempo, ho dovuto cambiare la mia vita: sociale, lavorativa e le mie priorità. Tutto ció non è facile ed è un percorso lungo e complesso, ma è anche proficuo e mi ha reso una persona migliore. Esistono molti modi di vivere la malattia e la sfida è trovare quella più adatta al tuo modo di essere. Sicuramente, la Sclerosi Multipla mi ha insegnato a chiedere aiuto e a stabilire limiti sani con gli altri, cosa che ho sempre avuto difficoltà a fare. Per molto tempo mi sono rifiutata di avere contatti con altre persone che avevano la malattia per paura che ciò mi condizionasse, eppure, quando sono finita su una sedia a rotelle, ciò che mi ha salvato è stato questo contatto e fare riabilitazione con persone che avevano i miei stessi problemi. Per questo motivo, consiglio sempre sia di richiedere la riabilitazione con il neurologo sia di contattare le associazioni di SM presenti localmente, sono una grande risorsa e non solo in momenti di difficoltà. Detto questo, so che ora senti la responsabilità di alleviare questo momento per la persona che stai accompagnando, forse persino di risolvere alcuni problemi per lei, ma non é compito tuo. Per quanto possa essere difficile da sostenere, é la persona che ha la Sclerosi Multipla ad avere la responsabilità della propria vita, anche se al momento non è in buona salute ed é confusa, e deve essere lei a prendere le misure necessarie a salvaguardare la sua salute. Ricordo che un’ amica, ad esempio, voleva portarmi alla Fondación EM qui a Barcellona non appena ho ricevuto la diagnosi, eppure io l’ho fatto solo 5-6 anni dopo, ma quello era il mio momento, non potevo farlo prima. Per arrivarci, ho dovuto fare molti passi e a volte chi vive la malattia da fuori non se ne rende conto. Te lo dico perché, se unx crede di poter salvare l’altrx, rischia di sentirsi così sotto pressione e sopraffattx che finisce per andarsene. Mi è successo con coppie ed amici. Le persone che ci accompagnano solo possono fare questo, esserci, aiutarci quando chiediamo aiuto, ma salvarci dipende solo da unx, il percorso solo lo può camminare la persona direttamente interessata. Ed è un mondo da viaggiare: il farmacologico e medico, quello delle terapie alternative e dell’alimentazione, quello delle emozioni…Un mondo che cambia e cresce molto velocemente. Quando mi sono ammalata (12 anni fa) non c’erano tutti i trattamenti di adesso, per esempio. Non sentirti in colpa per voler riprendere la tua vita, la tua assenza solo farà sì che la persona che stai accompagnando dovrà trovare altre soluzioni. Io, lungo questo cammino, a volte sono stato sola, altre molto ben accompagnata e altre ancora sono stata accompagnata ma sarebbe stato meglio essere sola. Ho rinunciato a persone che non erano in grado di accompagnarmi e ne ho trovate altre molto più in linea con il mio nuovo essere e le mie esigenze. In ogni caso, ho sempre trovato un modo e una soluzione; a volte ho pensato di tornare nel mio paese e tuttavia non ho mai voluto farlo e sono sempre riuscita a farcela, sono una persona molto indipendente e la mia vita è a Barcellona, per il momento. Ed è travolgente il vuoto, ma impari a convivere con l’incertezza del futuro e smetti di voler controllare la tua vita perché, con questa malattia, non controlli nulla. E ti dico di più, nessun nella vita controlla nulla, solo che la malattia finalmente rende manifesta quest’illusione. Ad ogni modo, lo so, è un momento difficile, ma ora non c’è altra cosa da fare che questo lutto, stare con questo dolore e viverlo fino in fondo. Tu che accompagni puoi sostenerci senza dover risolvere nulla, o salvare qualcuno, a volte basta solo potersi sdraiare sul letto e rimanere nel nulla sapendo che c’è qualcuno nell’altra stanza che ti accetta in qualunque stato tu sia. Forza! Ora è difficile da vedere ma non siete solx.
Ti mando un grande abbraccio.
Deja una respuesta